IL VELINO – 09/02/2009
Roma, 9 feb (Velino) – “Il caso di Eluana, è un caso di grande pietĂ umana, che sta provocando un corto circuito istituzionale. Per questo nell’affrontarlo, non solo ci spogliamo di qualsiasi preconcetto e spirito critico ma vogliamo anche prendere per buono, pur non condividendolo, l’approccio logico di trattazione sinora utilizzato, ovvero, nell’ordine: la sentenza è perfetta non solo perchè tiene conto di uno stato vegetativo pemanente e irreversibile ma anche perchè traduce giuridicamente proprio la volontĂ di Eluana Englaro; quindi, la decisione dei giudici è giustamente la morte di Eluana; le sentenze emesse dai Tribunali poi vanno comunque rispettate”: lo afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni, presidente di Clemenza e dignitĂ . “Desideriamo però – prosegue – portare alla vostra attenzione anche il caso di Donovan, cittadino del Texas, il nome è di fantasia, ma di casi del genere ce ne sono migliaia. Donovan, uno sbandato senza grandi aspettative di vita – spiega – prima del processo, voleva, comunque, assolutamente morire, il senso di colpa per aver assassinato un uomo lo stava, difatti, divorando dall’interno. Anche per Donovan – rileva – la sentenza successivamente intervenuta, risultava senza ombra di dubbio perfetta, perchè sussistevano prove processuali schiaccianti che l’uomo si era reso colpevole di omicidio”.
“La decisione dei giudici – continua il presidente di Clemenza e dignità – quale punizione del delitto commesso, fu, quindi, inevitabilmente, la morte di Donovan. D’altronde anche in questo caso, le sentenze della Corte Suprema Federale, dovevano comunque essere rispettate. A questo punto – osserva Meloni – la domanda che poniamo, per una seria riflessione collettiva, è, se in questi casi, quando la sentenza è perfetta, quasi divina e sussiste pure una volontĂ di morire corrispondente alla decisione dei Tribunali, gli stessi Tribunali abbiano o meno quella licenza di ordinare l’uccisione di un individuo. Poniamo questo interrogativo, – aggiunge – perchĂ© molti nutrono un dubbio, anzi un sospetto, ovvero che la sentenza della Cassazione su Eluana, possa violentare la ratio e lo spirito della risoluzione Onu contro la pena di morte, della risoluzione contro l’eventualitĂ che in esito ad un giudizio, piĂą o meno approfondito, i Tribunali possano comunque ordinare l’uccisione di un individuo. Tale sospetto – conclude – viene alimentato dalla riflessione che la citata sentenza sia solo formalmente e tecnicamente non punitiva, in quanto conseguenza di un reato inesistente, di un fatto non antigiuridico che tuttavia viene ugualmente perseguito dalla cultura della nostra societĂ : il fatto di non poter vivere la propria vita in autonomia, pienamente e in condizioni perfette”.