Rinascita – Quotidiano di Sinistra Nazionale – 02/08/2013
La conversione in legge del decreto svuota carceri “è iniziata male e rischia di proseguire addirittura peggio”. Questa la nota ufficiale con cui l’Unione Camere Penali fotografa gli emendamenti aggiunti alla legge di conversione depositata da Palazzo Chigi. I lavori di Palazzo Madama hanno ripristinato le preclusioni a carico dei recidivi, una novella che ha “restaurato gli effetti cancerogeni della legge Cirielli cui si voleva mettere la parola fine, adesso la Camera dovrebbe adoperarsi per recuperare lo spirito iniziale dell’intervento legislativo, riammettendo i recidivi di piccolo spessore criminale alla detenzione domiciliare ed alle misure alternative, cosa che avrebbe un primo – anche se non risolutivo – effetto deflattivo sul numero dei detenuti. Preoccupa, invece, che nelle ultime ore questi temi siano andati progressivamente in ombra – sottolineano i penalisti – per discutere del limite minimo per la custodia cautelare in carcere, peraltro con argomenti che contraddicono la posizione ufficiale delle maggiori forze politiche in tema di carcerazione preventiva”. Per l’Ucpi, la “facile demagogia” di indicare specifici reati che sarebbero sottratti al carcere è “sufficiente a provocare la retromarcia di una politica sempre più sconsolatamente debole, nonostante sia risaputo che le carceri sono piene di persone in attesa di giudizio, in barba al principio di civiltà che vorrebbe la detenzione prima della sentenza definitiva come assolutamente eccezionale e, comunque, contenuta – dove possibile, e cioè nella quasi totalità dei casi – nella misura degli arresti domiciliari”. In definitiva, concludono gli esperti di diritto e procedura penale, “mentre la civiltà e la tenuta del sistema richiederebbero, tolti i pochi casi di pericolo attuale, il divieto tout court del carcere prima della sentenza definitiva, viceversa assistiamo all’incapacità di attuare questa elementare modifica. Il che dimostra che la politica attuale è incapace di operare le riforme di cui la giustizia necessita con urgenza assoluta”. Sul tema è intervenuto anche Giuseppe Meloni, avvocato penalista e presidente del movimento “Clemenza e dignità”, ente che ha fornito una lucida analisi relativa alle gestione dell’esecuzione penale nel nostro Paese. “Sulla drammatica situazione delle carceri italiane, ed in merito alle soluzioni che via via vengono meramente prospettate o approvate, ricorrono spesso, nei commenti politici, parole pesanti, quali, colpo di spugna, resa dello Stato, e molto altro ancora”, spiega in un comunicato il legale romano. Meloni poi aggiunge: “In merito a tale aspetto, si rende opportuno chiarire, per un minimo senso di onestà intellettuale, che ciò che ha distrutto e sta distruggendo il concetto della certezza della pena in Italia, non sono, certamente, i pochi provvedimenti clemenziali o di vaga ispirazione clemenziale, intervenuti, ma proprio tutte quelle politiche miopi, succedutesi negli anni, che hanno voluto vedere nella sanzione penale, e, quindi, nel carcere, la soluzione di ogni problema, compresi quelli dettati dall’emarginazione sociale, dalle malattie, dalle grandi disperazioni e dalla povertà”. “Era evidente prima e ed è evidente ancora oggi, – conclude – che un panpenalismo esasperato, una volta contestualizzato in un sistema che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, una volta contestualizzato all’interno di un sistema sanzionatorio penale che è basato prevalentemente sulla privazione della libertà personale, e una volta contestualizzato in un sistema di misure, in cui non sono precisamente e tassativamente delineate le ipotesi di custodia cautelare in carcere, avrebbe portato e porta, ad un tale punto di sovraffollamento , ad un tale grado di ingestibilità dei penitenziari, così da richiedere ciclicamente il ricorso a provvedimenti di svuotamento delle carceri”. La politica continua a denunciare la mancanza di tutele per le vittime di stalking, reato che sarebbe favorito nell’accesso al nuovo regime premiale previsto dallo “svuota carceri”. Stupisce la voglia matta di custodia cautelare che alberga nelle menti di tantissimi parlamentari, uno strumento che andrebbe fortemente ridimensionato e non – come si vaticina in queste ore – potenziato con un automatismi che nulla hanno a che spartire con l’attuale impianto del codice di procedura. Per l’ennesima volta, a farla da padrona è la vuota demagogia. Nel frattempo i penitenziari continuano a scoppiare nella più totale indifferenza.
Matteo Mascia