IMGPress – 29/10/2012
(29/10/2012) – I morti e i suicidi nelle carceri si susseguono, e non è più possibile rimanere inerti, non è più possibile perdere dell’ulteriore tempo per intervenire. E’ quanto afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni del Movimento Clemenza e Dignità, che aggiunge: La situazione è esplosiva e il tempo dei provvedimenti palliativi, delle suggestive progettualità sulle pene alternative, su nuovi istituti di diritto processuale, sulle depenalizzazioni, è ormai definitivamente scaduto. Tuttavia, il vero problema è che non sussistono degli strumenti a nostra disposizione che siano al contempo veramente efficaci e facilmente azionabili. In sostanza, – prosegue – nell’attuale situazione vi è la necessità e la massima urgenza di un provvedimento di ampia portata e di natura generale, ma sia che si decida di intervenire con un provvedimento che estingua la pena, oppure che estingua il reato, si è per forza vincolati dall’art. 79 della Costituzione, che prevede la concessione dell’amnistia e dell’indulto, mediante legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. Le condizioni politiche – osserva – per determinare una così ampia maggioranza, le condizioni per l’amnistia e l’indulto, non sono mai facili da realizzarsi e nonostante la tragedia in atto e tanta lodevole opera di sensibilizzazione, non sembrano ancora sussistere attualmente. Ugualmente la modifica delle stesse maggioranze richieste dall’art. 79 della Costituzione, rappresenterebbe una impresa a dir poco improba. L’unico modo per cercare di fermare la grande tragedia in corso, – spiega – sarebbe uscire definitivamente dalla logica classica dell’estinzione della pena o del reato, per puntare ad un provvedimento di natura generale adottato dal Parlamento che sospenda in determinati casi, sic et simpliciter l’esecuzione della pena. Il fatto – dice ancora Meloni – che non sussista nel codice penale una tipizzazione di questo provvedimento generale, il fatto che non sussista nella Carta Costituzionale un relativo inquadramento normativo, e il fatto che storicamente nella Repubblica si sia sempre proceduto ad affrontare tali problematiche mediante l’amnistia o l’indulto, non costituiscono dei fattori ostativi all’adozione di questo particolare rimedio, in assenza di espliciti divieti in tal senso della sospensione o di disposizioni con le quali si andrebbero a produrre direttamente o indirettamente delle inconciliabilità. Del resto, sussistono poi evidenti ragioni di urgenza sul piano umanitario ed evidenti ragioni di urgenza sul piano giuridico, determinate dalla persistente violazione di diritti costituzionali, dalla violazione di diritti propriamente dell’uomo e della Convenzione dei suoi diritti, che giustificherebbero pienamente l’adozione di misure anche al di fuori delle prassi più consolidate. Mediante la mera sospensione dell’esecuzione della pena, – continua – si renderebbe molto più agevole l’iter di approvazione parlamentare, si aggirerebbe l’ostacolo della maggioranza dei due terzi, e verosimilmente non si incorrerebbe in alcuna tipologia di conflitto con le previsioni costituzionali. In sostanza, – rileva – per i reati commessi sino ad una certa data da stabilirsi, con esclusione di quelli di maggior allarme sociale quali terrorismo, strage, banda armata, usura, mafia, ecc, e per i condannati che per esempio abbiano già scontato la metà o comunque una parte della loro pena, potrebbe addivenirsi alla sospensione della esecuzione della parte di pena detentiva ancora da scontarsi. In questo caso, – sostiene Meloni – trattandosi di un provvedimento ugualmente di natura generale e al fine di evitare incompatibilità con gli istituti dell’amnistia e dell’indulto compreso quello condizionato, non si produrrebbe però alcuna estinzione del reato o della pena. Il non aver commesso ulteriori reati, il positivo comportamento tenuto dal condannato durante il periodo di sospensione, non produrrebbero l’estinzione della pena o del reato. Si tratterebbe, quindi, – sottolinea – di una sospensione di carattere tendenzialmente permanente nel tempo, nel senso che il complessivo periodo della sospensione non coinciderebbe strettamente con il periodo della rimanente parte di pena ancora da scontarsi o con un diverso termine prestabilito e non produrrebbe quale esito finale l’estinzione del reato o della pena decorso il tempo della restante parte di pena da scontarsi o in un ulteriore e diverso termine.” “In altre parole ed in assenza di futuri provvedimenti applicabili alle casistiche di specie, che estinguano proprio il reato o la pena, si decadrebbe da tale beneficio, ovvero la sospensione cesserebbe, e la rimanente pena da eseguirsi riacquisterebbe piena rilevanza per l’esecuzione, – precisa – solamente nel caso e nel momento della commissione di ulteriori reati, che ipoteticamente potrebbero essere quelli della stessa indole. La cessazione della sospensione, quindi, sarebbe nella prospettata ipotesi, un avvenimento di cui si ignora se avverrà e quando avverrà, quindi, tecnicamente, una condizione e non un termine.” “Naturalmente – espone – sarà necessario esplicitare che durante il periodo di sospensione non trascorra il tempo necessario alla prescrizione della pena, per quanto già nell’art. 172 c.p. e nel richiamo effettuato dall’art. 173 c.p., vi è scritto che: “Se l’esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per la estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.”” “Inoltre, in questo caso – commenta – il condannato durante il periodo di sospensione non sarebbe sottoposto ad alcuna misura, trattandosi di un provvedimento di natura generale che coinvolgerebbe innumerevoli persone e che renderebbe di fatto impossibile l’esecuzione di controlli e accertamenti circa delle particolari prescrizioni. In questo caso, non essendo nel mentre il condannato sottoposto a misure di sicurezza, quali la libertà vigilata, e non sopportando, quindi, in concreto alcuna entità afflittiva durante il periodo di sospensione, il complessivo periodo di sospensione sarebbe, poi, ininfluente al fine del calcolo della pena detentiva ancora da espiare, la quale pertanto nel suo profilo temporale e di durata, rimarrebbe del tutto integra. Si verificherebbe, quindi, una volta intervenuta una causa di cessazione della sospensione, un effetto risolutivo ex tunc dello stesso periodo di sospensione. In sostanza, cessata la sospensione a seguito della commissione di ulteriori reati, la stessa identica parte di pena che rimaneva ancora da scontare, deve essere poi in concreto eseguita.” “Pertanto, – ribadisce – in questo studio, in questa progettualità di specie, l’esecuzione della rimanente parte di pena ancora da scontarsi, rimarrebbe sospesa sino alla commissione di ulteriori delitti o contravvenzioni della stessa indole o comunque volendo anche prospettare una ipotesi più generale, sino a che la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appaia incompatibile con il mantenimento del beneficio.” “Si tratterebbe – conclude Meloni – di un provvedimento occasionato dall’urgenza e dall’impossibilità momentanea di adottare gli strumenti dell’amnistia e dell’indulto, ma che conterrebbe rispetto a questi ultimi, anche innumerevoli risvolti positivi. In primo luogo, si potrebbe procedere ad una azione molto più mirata, coinvolgendo solo i soggetti che abbiano già pagato, seppure parzialmente, il loro conto con la giustizia, ed in secondo luogo, non procedendosi mai all’estinzione del reato o della pena, si stimolerebbe in modo straordinario il condannato a tenere una buona condotta, non nell’ambito di limiti prestabiliti di tempo, ma senza alcun limite di tempo.”