CLEMENZA.IT (Una giusta riforma per le libertà) – 11/04/2014
“Quando mancano 47 giorni alla scadenza del termine ultimo imposto dall’Europa, nei nostri Istituti sono ancora presenti oltre 60.000 detenuti. C’è un problema di diritti umani e di umanità della pena che ancora non è stato risolto.” E’ quanto afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni, responsabile del movimento Clemenza e Dignità, che aggiunge: “I diritti umani, per essere compresi appieno e veramente tutelati, necessitano di una particolare predisposizione dell’animo, che non è richiesta normalmente per tutti gli altri diritti. La piena comprensione e tutela dei diritti differenti da quelli propriamente dell’uomo, difatti, avviene in maniera molto più intellettuale e tecnica, in maniera fredda e formale, quasi meccanica.” “I diritti umani, – osserva – o perlomeno il loro nucleo essenziale, invece, funzionano in maniera diversa, funzionano in maniera che, per essere compresi compiutamente e veramente tutelati, necessitano in maniera imprescindibile di quel particolare sentimento che è il senso di umanità.” ”E’ quindi evidente, – sottolinea – di quanto possa allontanarsi la soluzione del problema, di quante difficoltà possano ancora insorgere nell’iter di risoluzione, se in merito al dramma delle carceri, continuassimo a ragionare solo di capienza regolamentare, di metri quadrati, di quantità di luce, di ore d’aria, e molto altro ancora, senza porre a monte il vero motore dell’umanizzazione della pena, il vero motore, da cui tutto discenderebbe in senso naturale e senza alcuno ostacolo: il senso di umanità, di cui anche all’art. 27 della nostra Costituzione Repubblicana.” “Purtroppo, – continua Meloni – non sono in grado di suggerire e descrivere dettagliatamente quei particolari meccanismi dell’animo, che potrebbero avvicinare il nostro Legislatore e le Istituzioni a questo specifico sentimento di umanità. Posso, tuttavia, fornire un esempio, l’esempio di due uomini, dotati in maniera molto pronunciata di questo particolare senso: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.” “Il primo, – conclude – durante la sua visita al carcere di Regina Coeli, nel dicembre del 1958, addirittura, disse, “Miei cari figlioli, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre anche qui”, e poi ancora, “Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro.” Il secondo, invece, è il Papa che pubblicamente e dinanzi al Parlamento Italiano chiese un segno di clemenza nei confronti dei detenuti, e soprattutto è il Papa che perdonò il suo attentatore Alì Agca, un killer professionista che il 13 maggio 1981 gli sparò due colpi di pistola.”